Le misure contro la discriminazione e la violenza nello sport.
Articolo pubblicato sul periodico “Sprint e Sport” del giugno 2024 a cura dell’Avv. Fabio Fornarino
disponibile anche sul podcast “Nel cuore del gioco” su Spotify
Quando si parla di atti di violenza e di discriminazione negli eventi sportivi riaffiorano subito alla mente gli episodi di intolleranza fra le tifoserie negli stadi di calcio ma il fenomeno è più complesso e radicato culturalmente anche in contesti più insospettabili e meno pubblicizzati, a tutti i livelli, non da ultimo quello amatoriale ed accademico.
Ma quali sono i rimedi e gli strumenti di deterrenza che si possono predisporre?
Iniziamo dalla misura statale del DASPO (Divieto di Assistere a manifestazioni SPOrtive), provvedimento amministrativo appartenente al novero delle misure di prevenzione, applicabili dal Questore per tutelare la pubblica sicurezza.
Tale misura, normata all’art. 6, c. 1, della L. n. 401/89, vieta ad un soggetto ritenuto pericoloso di accedere in luoghi nei quali si svolgono manifestazioni sportive.
Il divieto può essere disposto “nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni” per una serie di reati individuati nella citata legge (ad esempio il porto d’armi non autorizzato, l’introduzione di simboli/striscioni razzisti/discriminatori, l’invasione di terreno di gioco, il lancio di petardi, la rapina, la detenzione di stupefacenti ad uso non personale e di non lieve entità), ovvero che abbiano “preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza”.
Per tali soggetti, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.
Il provvedimento, di durata non inferiore a un anno e non superiore a cinque, può essere disposto anche per eventi che si svolgono all’estero e può essere comminato dalle Autorità degli altri stati europei per le manifestazioni che si svolgono in Italia.
Con la notifica all’interessato, il DASPO diviene efficace ed ha effetto dal primo evento successivo alla notifica.
La misura può essere disposta anche dall’Autorità Giudiziaria, come pena accessoria alla sentenza di condanna per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono detti eventi e la sentenza non definitiva che dispone il DASPO, è immediatamente esecutiva per quanto attiene tale divieto.
Il DASPO può essere, altresì, disposto in via preventiva nei confronti di chi risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza connessi a eventi sportivi.
Parimenti può essere disposto in caso di denunce o condanne per reati violenti aggravati da odio razziale o motivi discriminatori, anche qualora le condotte siano slegate da un contesto sportivo (DASPO fuori contesto).
Si tratta pertanto di una misura che può prescindere da una pregressa condanna penale (misura praeter o ante delictum) per fatti occorsi nell’ambito di eventi sportivi – o per reati violenti aggravati dall’odio razziale – basata su potere discrezionale a tal fine dell’Autorità di Pubblica Sicurezza.
Tale discrezionalità, limitando la libertà personale e quella di circolazione, deve rispettare una stringente verifica in termini di necessità e proporzionalità della misura e dell’attualità della pericolosità sociale del destinatario.
Nella valutazione della sussistenza del pericolo, occorrerà seguire il metro di giudizio del “più probabile che non”, non richiedendosi la certezza, ogni oltre ragionevole dubbio, della lesione della sicurezza e dell’ordine pubblico, bastando a tal fine una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale probabilistico improntato ad una elevata attendibilità.
In pratica vi devono essere gravi elementi di fatto che portino a ritenere che il soggetto destinatario della misura probabilmente (secondo un giudizio di “più probabile che non”) porrà in pericolo la pubblica sicurezza se lasciato libero di partecipare ad un evento sportivo.
Ad esempio è stato ritenuto sussistente il pericolo in parola, e corretta l’adozione di un DASPO, nei confronti di un tifoso colto a gesticolare provocatoriamente nei confronti della tifoseria avversaria, con indosso una maglietta della squadra di calcio del Liverpool, durante una partita contro la Juventus, con chiaro riferimento apologetico alla tragedia dell’Heysel, condotta che avrebbe in concreto potuto innescare una reazione violenta della tifoseria bianconera ed agevolare situazioni di pericolo sociale.
Il provvedimento in oggetto può prevedere anche l’obbligo, per il destinatario, di presentarsi presso un comando di Pubblica Sicurezza per firmare in concomitanza di specifici eventi sportivi.
In tale ipotesi il Questore deve trasmettere il provvedimento alla Procura della Repubblica, che nelle 48 ore successive deve richiederne la convalida da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), per la sola parte dell’obbligo di presentazione.
Qualora il GIP non convalidi la misura nelle 48 ore successive, la prescrizione dell’obbligo di presentazione perde efficacia, rimanendo comunque in fieri il DASPO, stante la sua natura amministrativa.
E se un destinatario di DASPO inerente manifestazioni calcistiche, partecipa, in qualità di atleta, ad una partita di calcio amatoriale?
Trattandosi la pratica amatoriale di “attività ricreativa”, che non coincide con il principale mezzo di sussistenza del soggetto gravato dalla misura in parola, la relativa inottemperanza integra il connesso reato di violazione di misura di prevenzione.
Diverso il caso dell’atleta professionista, in quanto il DASPO non può limitare i diritti dell’ipotetico destinatario al punto da precludergli di svolgere il proprio lavoro, fermo restando che è sempre ben possibile, invece, anche in tal caso, prevedere un divieto per eventi sportivi differenti da quelle nelle quali costui svolge la propria professione (ad esempio è possibile il DASPO da partite di calcio nei confronti di un giocatore professionista di basket).
E le singole associazioni sportive cosa possono fare, per quanto le riguarda, dinanzi a forme di violenza/discriminazione dei propri associati o nei loro confronti?
Anche in tale ambito avrà sempre maggior importanza l’adozione di modelli di soft law idonei alla prevenzione di episodi di violenza e discriminazione (costole ispirate ai Modelli Organizzativi di Gestione ex D.lgs 231/01) e la nomina del “responsabile della prevenzione della violenza” (introdotto dall’art. 16 del D.lgs 39/2021), qualora vi siano fra i propri soci soggetti minorenni, come previsto dalla recente riforma dello sport.
I modelli in parola dovrebbero prevedere processi di tutela che, una volta attivati, dovrebbero condurre alle misure più idonee al caso concreto (quali la segnalazione dell’episodio all’Autorità di Pubblica Sicurezza e la sanzione disciplinare – ammonizione, sanzione, sospensione, esclusione – del socio responsabile della condotta).
Anche in questo contesto una buona e ragionata organizzazione associativa può contenere episodi spiacevoli o evitarne ulteriori, senza contare il profilo di serietà aggiunto all’associazione dalla predisposizione di corretti codici etici di condotta e modelli organizzativi, che è poi uno dei fini della riforma sportiva in corso.